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STONER, di John Williams

I giudizi riportati sulla quarta di copertina di questo romanzo recitano: capolavoro, grande, quasi perfetto, non si dimentica.
Ma si sa, ci sono perché voi lì ci date un’occhiata e comprate il libro, il libro deve pur vendere.
Io invece non lo devo vendere e posso dire che ci stanno, TUTTI.
È un romanzo sorprendentemente bello, un valido aiuto per scoprire che esistono cose come questa che spingono all’entusiasmo e di questo tempi fa bene al cuore e alla testa.
Nella post fazione al libro, Peter Cameron racconta la sua personale esperienza di lettura di questo libro, affermando di averlo letto tre volte. Alla prima non si capacitava come la storia di un uomo tutto sommato mediocre, che vive una vita mediocre, nella quale non succede niente che valga la pena di essere raccontato e ricordato, possa aver dato alla luce un tale capolavoro.
Merito della scrittura, indubbiamente, a testimonianza che non occorre inventarsi trame eccitanti e fosforescenti e/o personaggi che se non shockano, non prendono; e poi magari sesso a gogò, violenza negli atti e nelle parole e linguaggi di strada e via discorrendo.

Se sei onesto con la scrittura, perchè la possiedi interamente, puoi fare miracoli come questo.

Leggiamo la vita di quest’uomo e siamo così coinvolti, che facciamo il tifo per lui, lo sproniamo, speriamo che cambi rotta, che si ribelli, che tiri un cazzotto al suo collega che oggi diremmo lo rende vittima di mobbing o una sberla alla moglie capricciosa che non capisce niente. Perfino di fronte alla figlia che ama, quando scopre che lei beve, tutto quello che Stoner pensa è “almeno ha qualcosa”.
Stoner non è un personaggio dinamico, non cambia, lo vediamo attraversare la sua esistenza quasi passivamente, eppure sentiamo in lui una capacità di vivere molto superiore a quellia di coloro che, per esempio, sono andati a morire per una causa apparente nella guerra che, si sa, è stupida.
Sentiamo il suo corpo che sa fare l’amore con passione senza che sia spesa una parola di più di “fare l’amore”.
Stoner ha questa sua particolare etica dolorosa: si accetta e non intralcia. Non è furbo come molti dei suoi colleghi nel College dove insegna per tutta la vita.
Stoner non è un genio, non è un eroe, ma è un uomo per il quale, nel finale, si piange. E si apprezza.

“John Willams è uno di quegli scrittori che dopo averlo letto non puoi fare a meno di consigliare perché hai la certezza di fare felice il tuo prossimo.” (N. Ammaniti)

Lo dice Ammaniti . Non io.

John Williams, Stoner, Fazi Editore, 302 p.



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